The books chosen by Andrea Salonia
This review is available only in the original language
_________________________________________________________________________
Di questo Storia del figlio in un’estate tanto afosa quanto insopportabile ricorderò soprattutto la freschezza delle parole. I giochi di sostantivi, verbi, aggettivi, articoli, pronomi, e tutte armoniosamente insieme, capaci di rappresentare sensazioni plastiche e vive, che si fan poi emozioni. Disegni acquarellati, oppure geometrici, come nel miglior Broadway Boogie Woogie di quel Piet Mondrian che disponeva solamente i gialli i rossi i bianchi e ancora i blu primari a dar poesia a quadrati e linee crude. Di più: gli stessi colori, del medesimo neoplasticismo, ma nella versione fin più viva e mossa realizzata in tessuto con cui – senza tema di blasfemia o irriverenza per la meraviglia dell’arte figurativa – Yves Saint Laurent aveva vestito altere modelle in quegli anni sessanta un poco lontani nel secolo scorso (cento anni, quelli laggiù, che noi amiamo molto, soprattutto per le tante parole meravigliosamente scritte in molti moltissimi libri importanti). E ancora: odori che diventano espressioni di tattilità, di gioia, di stupore e di stupito dolore. E rumori che han lo spessore della carta o la pesantezza del marmo, il silenzio della notte di campagna o il risveglio delle città.
Insomma, Marie Hélène Lafon, scrittrice francese, mi ha convinto principalmente per il suo uso sapiente della lingua scritta, davvero ben resa per i tipi di Fazi Editore in questa prima traduzione italiana di Antonella Conti. Ribadisco: l’uso sapiente della lingua scritta, perché l’impressione sincera che ne ho ricevuto nel leggere questo Storia del figlio è proprio della maestria di parole messe nere sul bianco del foglio, lievi e precise insieme, e ho provato a immaginare come questo effetto dato dal nostro italiano potesse essere invece reso nella lingua originale, che non sarei riuscito ad apprezzare, e quanto difficile possa essere stato il tradurre quelle pagine, rendendole così piacevolmente efficaci.
Storia del figlio si legge in velocità.
Per la lingua, appunto, e per la relativa brevità dei capitoli, che raccontano un secolo di vita famigliare saltellando avanti e indietro, ma senza dare mai l’impressione di flashback: non storie nelle storie, ma storie nella storia.
La storia è quella di un figlio tra i figli di una famiglia inconsueta, fatta di affetti allargati e di solitudini plurime che si intersecano tra loro a far germogliare e poi crescere un vero albero genealogico di vite parallele e, al contempo, intessute fittamente. E fin qui nulla che non appartenga in verità a tutti noi, ciascuno per il suo esistere e la sua quotidianità. Anzi: di quante vite parallele nel medesimo nucleo famigliare potremmo parlare? E non per via di fuitine d’amore o di sesso, macchè. Perché, certo, c’è un poco di erotismo in questa storia, ma lo descriverei come una garbata, soffusa sensualità; ci sono la scoperta delle prime cose che accadono, e la riscoperta del proprio corpo; non c’è mai volgarità, né gratuita né a pagamento.
In verità i parallelismi famigliari e delle vite dei personaggi, che son qui persone scolpite, che la struttura narrativa a salti temporali ben rende, diventano tali proprio per i non detti, che si fanno a loro volta muri, di gomma prima, ma di cemento poco dopo, e pure di quello ben armato. E di quante folli stigmatizzazioni di comportamenti, di scelte, di libertà perse o conquistate abbiamo nozione, in ciascuna delle nostre famiglie? Molte? Centinaia? Migliaia! Di quante delicate prime volte? Di quanti accidenti accidentali? Di quante burbere burberità, ovvero di abbracci accoglienti e notti rasserenanti potremmo raccontare per ciascuna famiglia.
Questi, in breve, i motivi per cui si legge in velocità Storia del figlio, che ho scelto per quel suo titolo, dove campeggia il termine “il figlio”, che sempre – come ormai tante volte detto, fin ad annoiare – esercita su di me un certo qual fascino. Bene sottolineare, però, che leggere in velocità non vuol affatto dire che si possa leggere di fretta, e neppure con superficialità. E’ bello invece che ciascun momento del romanzo possa risultare come un battito di palpebre “…e ingoia il momento, lo beve, lo respira, se ne nutre fin dentro le ossa…”. Così scrive la Lafon, e a me è piaciuto.
_________________________________________________________________________________________________
Marie-Hélène Lafon, Storia del figlio, Fazi, Roma, 2022
Original edition: Histoire du fils, Buchet Chastel, 2020