“I vivi si sono adattati: hanno ricavato bellezza dalle rovine.”
Mettetevi comodi, concentratevi e iniziate a leggere La casa delle madri.
Non è un libro facile: è una storia di dolore e sofferenza. E allora, cari lettori, potrete chiederci perché leggerla? Perché arrecarsi consapevolmente questo male?
Ma soprattutto che cosa ci spinge a continuarne la lettura? La riposta a queste domande cercherà di essere il nostro tentativo di suggervene la lettura.
È una storia forte, in cui l’autore, senza mezze parole o edulcorazioni di qualsiasi tipo, ci racconta quanta sofferenza e quante ingiustizie – volute o no- possono abbattersi su una famiglia comune, composta da madre, padre e due fratelli che, attenzione, sono sì gemelli, ma intrinsecamente diversi sebbene uguali. Chiariamo: Ernesto ed Elia, i figli di Sarabanda e Speedy, sono nati sì nello stesso giorno, ma Ernesto, così come la sorte – o i medici, o gli dèi, o un dio, o il caso- ha voluto, manifesta un handicap che gli impedisce l’uso agevole di tutto il lato sinistro del suo corpo.
Eccoci di fronte alla pura sofferenza di un bambino e poi ragazzo che deve affrontare la sua diversità, di un Elia che deve convivere con un fratello che è gemello ma anche no, di una Sarabanda pronta a dimostrare al figlio che lui può tutto e di uno Speedy che invece non può nulla, abbandona la famiglia perché non è in grado di sostenere tale realtà.
Ritorniamo alla domanda “perché continuare la lettura?” Noi vi avvisiamo: l’autore insiste dalla prima fino all’ultima pagina sulla sofferenza e sulla fatica di convivere presente in questa famiglia, senza risparmiarci nulla, ma qui è evidente che siamo in presenza di un autore che è un vero e proprio narratore; è insomma, come si suol dire, uno che sa raccontartela, che conosce tutti gli espedienti narrativi e linguistici per tenerti lì, incollato (non stiamo esagerando) a queste pagine pregne di fatica esistenziale.
Non è solo la storiella di questa famiglia, raccontata e descritta a partire dalla generazione dei nonni, perché – gli antichi Greci ce lo hanno insegnato- non si sfugge mai dalla propria stirpe, dalla propria famiglia e dalle tare che questa si porta dietro- è anche la nostra storia. Si parla della fatica di essere una famiglia, di stare insieme e di convivere di capirsi e parlarsi; di come ci si può amare e poi improvvisamente odiare, in un continuo oscillare di sentimenti buoni o cattivi, che solo una famiglia conosce.
Questa non è una letteratura rassicurante, tutt’altro: è esistenzialismo, perché il narratore ci racconta la storia dei suoi personaggi ponendo molto spesso delle domande dirette che se da un lato trovano risposta nella vita dei protagonisti di queste pagine, dall’altro lato altre risposte echeggiano nelle nostre menti di lettori.
Come ci piace sempre fare, non vi sveliamo il titolo in cui è custodito tutta la preziosità della vita dei nostri personaggi.
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Daniele Petruccioli, La casa delle madri, Terrarossa Edizioni, Alberobello, 2020