“Quasi nessuno può rispondere alla domanda: Perché si è innamorato di lei? Che cosa ci avrà visto?”
La voce narrante del libro è una donna chiamata Maria Dolz. Per anni ha osservato con discrezione e riservatezza una coppia fare colazione nel suo stesso bar e se ne è dipinta un’immagine ideale e confortevole. Un giorno il marito di lei scompare, brutalmente accoltellato da un senzatetto delirante, la notizia è su tutti i giornali. Maria sceglie allora di avvicinare la vedova e questo incontro le farà conoscere Javier, migliore amico del defunto, di cui si innamorerà con poca speranza, essendo quest’ultimo innamorato a sua volta della vedova. Insomma un bel pasticcio. Soprattutto quando c’è un morto di mezzo a elevare la potenza di ogni circostanza.
Quando parliamo di Marias, però, la trama assume subito un carattere pretestuoso: si tratta piuttosto della cornice di due o tre episodi, due o tre frasi che tornano e tornano, eterne variazioni sul tema che abitano la mente della protagonista e la bocca (seducente, incantatrice) del suo ombroso amante.
Quello che succede è che l’autore gioca, in maniera piuttosto macabra, con “l’assenza di incredulità” del lettore, instillando continuamente dubbi sulla veridicità di quanto appena letto, sul concetto di verità stesso, sul nostro senso morale, sul significato di “innamoramento”, su cosa avremmo o non avremmo fatto o provato o creduto al posto dei protagonisti. E che non si speri di uscirne edificati o con le idee più chiare, scordatevelo. Ma questo ci piace, Gli innamoramenti fa parte di quei libri che richiedono tempi di metabolizzazione piuttosto lunghi.
Durante la lettura possiamo apprezzare una certa costruzione delle proposizioni, sovrabbondanti, complesse, poetiche e allo stesso tempo sentirci quasi soffocati, come se ogni ritorno sullo stesso concetto fosse un giro di corda in più intorno al nostro collo e qualcuno (tana per l’autore!) impercettibilmente, ineluttabilmente cominciasse a tirarla…quindi ecco, se con un titolo del genere vi aspettavate romantici e passionali comizi d’amore, forse non avete presente Marias.
Perché anche quando parla d’innamoramento lo fa in due modi: uno è quello dimesso, prudente della protagonista, che pur riconoscendo i propri sentimenti non li lascia mai esplodere, per strategia, per vigliaccheria o forse per un diverso modo di concepire il trasporto amoroso. L’altro modo, l’altro innamoramento, è quello di Javier per la vedova, Luisa: ma è come se, per parlarne, usasse le parole perfette… di un altro; raramente i suoi sentimenti interferiscono con la sua dialettica e quasi sempre li riprende in mano, come fosse stata una svista.
Quindi noi lettori possiamo ritrovarci nella descrizione di sentimenti e emozioni che pure abbiamo provato ma che non vediamo realmente messi in scena. Eppure si tratta di una lettura conturbante, riflessiva, che ci costringe a ragionare su come la verità spesso appaia più inverosimile della menzogna, su come una parte di noi voglia sempre credere a quello che ci viene raccontato da chi amiamo. In mancanza di prove, scegliamo a cosa credere ma le motivazioni della nostra scelta rimangono sempre disponibili a rimaneggiamenti e manipolazioni, suggestioni, cambi di prospettiva, proprio lì, nel nostro cervello – e nel nostro cuore.
Allo stesso modo continuerete a interrogarvi sul libro che avete appena letto, credendo ora a una, ora all’altra versione; forse l’importante allora non è prendere una decisione, ma essere onesti circa l’arbitrarietà delle nostre ragioni e convivere con esse, come meglio si può.
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Javier Marias, Gli innamoramenti, Einaudi, Torino, 2012
Edizione originale: Los enamoramientos, Alfaguara, Madrid, 2011