Scritto da Clarissa Costanzo
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Solo Il silenzio
Io non so niente
della pelle che hai
destinato ai tuoi amori sognati,
della tua tenerezza
fattasi vanto o promessa,
avanzo di lussuriosa esultanza
di cui io non voglio dover sentenziare.
Non so dalle labbra
quali frementi menzogne
hai sospirato nel durare dei giorni,
ignoro le spinte
in quel ventre distratto
che dicevi di amare
col tuo corpo disteso
già pronto a dimenticare
dal bagno notturno
di lacrime amare,
della lotta al destino
nel dolore che scompare.
Io so solo il silenzio
dietro cui si erge
il mio cuore agitato
per poterti osservare
fino al centro degli occhi,
quell’abisso in perenne
fioritura e ardimento,
un arco così impavido
le tue palpebre morbide
in cui giace nero,
sconosciuto e nitido
il tangibile ardore
dell’indomita e sola
anima tua.
*
*
*
Ad occhio nudo
Vorrei essere preda
dei tuoi occhi nudi
l’inizio struggente
del mio canto migliore,
varcare la soglia
d’un fresco avvenire
sommersi nei sensi
dal tatto alla gola,
che fossimo altrove
da quest’afflizione
qual liquida fine
del nostro appetito.
Sarebbe la pelle
a dirigere oscena
il solo pensiero
d’aversi e mancarsi
per sciogliere il cappio,
allentare la morsa
dello strascico amaro
che insinua e domanda
noi due poi chi siamo,
inquieti ed arresi
nell’incrocio di mani
sulle labbra dischiuse,
a sparire dal mondo
cavalcando la fuga,
due amanti terreni
assetati di luna.
*
*
*
Smisurata preghiera
Oh Signore,
vestimi da artista
dammi il fiero aspetto della Dea
ch’io non canti invano
sciorinando il tema
del mio vagheggiare,
lascia che inventi parole
per il vociare dell’anima,
concedimi la grazia della lentezza
una radice d’amore profondo
per potermi ancorare alla vita
col tuo stesso soffio d’eterno.
Fa ch’io sappia tenermi distante
quando un affetto sa farsi prigione
allevia le pene, rinvigorisci i moti selvaggi
del mio smisurato cuore danzante
incapace di silenzio e distrazioni,
rendimi figlia di me stessa
e madre della mia indomabile esistenza,
fammi insistere in speranza
col perdono sulle labbra
avvelena i mea culpa, ammonisci
le angosce del mio vivido pensiero
che persevera in richieste
prostrandosi muto
con errore e devozione,
– ascoltami Signore –
ancora una volta esaudiscimi
o io sarò perduta.
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