Scritto da Francesca Calzolari
Giulio non sapeva ancora camminare, ma gattonava allegramente sul pavimento in parquet dell’appartamento dove viveva con la sua famiglia al quinto piano di un condominio residenziale. Aveva pochi mesi, era un bimbo cicciottello e sempre sorridente; amava le esplorazioni a quattro zampe e con grande curiosità si spingeva ogni giorno in nuovi angoli dell’appartamento.
Dove era situato il salone, la luce era particolarmente intensa perchè due grandi porta finestre a vetri davano su un balcone con affaccio su una via non molto trafficata e con nessun palazzo di fronte. La luce era libera di entrare in tutto il suo splendore, amplificata dai riverberi a contatto con l’acqua del lago poco lontano dove si specchiava. Per Giulio tutto ciò che luccicava aveva in quel momento un fascino particolare; quel giorno, nel suo gattonare si avventurò proprio alla scoperta di quelle porta finestre. La sua mamma era occupata in cucina a preparare qualcosa da mangiare per il pranzo.
Papà lavorava da casa in quei giorni e quindi la mamma non aveva più tempo solo per lui. Non che gli dispiacesse, aveva cosí modo di partire per le sue esplorazioni in tranquillità senza che qualcuno sul piú bello dell’avventura arrivasse per prenderlo in braccio. Avvicinandosi verso la porta finestra di destra, si rese conto di qualcosa di inatteso. La finestra era rimasta leggermente aperta, al di fuori di essa, un piccolo passerotto dal becco rosso, saltellava sul balcone in cerca di cibo.
Vi ho già detto che Giulio era un bimbo cicciotello e allegro giusto? Quello che non vi ho detto è che Giulio aveva anche un talento magico, ereditato dalla famiglia materna, la quale aveva origini di Benevento, una piccola città nel sud Italia non lontana da Napoli, famosa per le stirpi di streghe che da sempre la infestano. Il talento magico di Giulio era davvero particolare; se fissava negli occhi un altro essere animato, poteva vedere con altri occhi. Ed è proprio quello che fece quel giorno, attirato dal passerotto con il becco rosso, lo fissò negli occhi, il passerotto fissò lui e… tadaaa la magia avvenne.
Giulio poteva ora vedere con gli occhi del passerotto. Era felicissimo perchè era un bimbo molto curioso ed ora poteva esplorare il mondo attraverso gli occhi di qualcun altro, ma stando comodamente nel salotto di casa sua. Gli mancava molto uscire in quei giorni; prima con la sua mamma erano soliti fare una piccola passeggiata la mattina per andare a fare qualche commissione che lei doveva sempre sbrigare o per incontrare qualche sua amica, ed una più lunga il pomeriggio, di solito completamente dedicata a lui, in cui la mamma si spingeva più lontano in qualche parco o giardino per godere della bellezza della natura. Da un po’ di tempo (ma lui non sapeva dire quanto perché non aveva la percezione del tempo nè sapeva leggere le ore o consultare il calendario) non uscivano piú. Eppure le giornate erano calde e soleggiate.
Un’altra cosa bizzarra era che piú o meno nello stesso momento in cui le loro passeggiate erano terminate, il suo papà aveva iniziato a lavorare da casa. L’appartamento era grande, ma il papà stava tutto il giorno al telefono, quindi lui e mamma dovevano stare attenti a non fare troppo rumore durante i loro giochi per non disturbarlo. Nemmeno papà usciva piú, se non qualche volta durante la settimana e tornava sempre con delle buste della spesa. A Giulio piaceva tanto avere i suoi genitori tutti per sè tutto il giorno, ma amava anche tanto l’esplorazione fuori casa. Ecco perchè quel passerotto dal becco rosso cadeva proprio a fagiolo per soddisfare la sua voglia di uscire e perdersi in mille avventure.
Il passerotto dopo aver beccato su alcune piante del suo balcone alla ricerca di semi o vermicelli, spiccó il volo e prese la direzione del palazzo di fronte che distava circa cinquecento metri da casa di Giulio. Si posò sul balcone del quarto piano, quello nella parte destra della facciata, luminoso e completamente sgombro da vis-à-vis. L’interno era molto buio e tetro; strideva con la luminosità dell’esterno. Si posò su una sedia in rattan vicino ad un tavolino, ricoperta da un cuscino colore verde salvia. Di fronte, un’altra sedia, sempre in rattan, era occupata da una vecchina. Avrà avuto l’età della sua nonna Giovanna, pensò Giulio. Solo che al contrario della nonna che era sempre sorridente e scherzosa, questa vecchina era mogia e triste.
Era sola, in quel grande appartamento dai mobili e tendaggi scuri e da giorni non riceveva nessuna visita se non quella di quel piccolo passerotto dal becco rosso. Sembrava conoscerlo bene, infatti mise subito una mano dentro alla tasca grande del suo grembiule color amaranto, e tiró fuori un pezzo di pane secco, evidentemente del giorno prima. Lo sbriciolò piano piano sul tavolino e quindi ritiró la mano, per dare il segnale al passerotto di via libera. Non lo avrebbe toccato nè disturbato durante il suo pasto. Uno, due, tre salti, ed ecco il passerotto prendere con il becco il primo pezzettino. Era gentile quella vecchina, nonostante le mancasse il sorriso. In casa non si sentiva nessun rumore; non c’erano urla o passi di bambini, segno che la vecchina non aveva nipotini da accudire; nessun rumore di radio o televisione, segno che la signora non apprezzava la compagnia nemmeno di questi apparecchi; nessun elettrodomestico in funzione; nemmeno le pulizie sembravano riguardarla.
C’era però un dettaglio in quel balcone che a Giulio non sfuggì, perché anche la sua mamma aveva una vera predilezione per questa attività. Il balcone era pieno di fiori e piante, tutti curatissimi e verdeggianti. Piante da cucina come basilico, salvia, prezzemolo e timo, stavano ordinatamente disposte in vasetti bianchi di medie dimensioni; peonie, lillà, genziane, erica, margherite e rose ornavano vasi più grandi; alcune piante sempreverdi crescevano rigogliose segno che avevano già passato innumerevoli inverni. Era bello quel balcone, curato, amato, accudito; la vecchina doveva avere una grande sensibilità se metteva così tanta attenzione in quelle piante. Peccato che non sorridesse; chissà, forse sentiva la mancanza di qualcuno con cui condividere quel balcone.
A Giulio piaceva guardare fiori e piante, ma gli piaceva ancora di piú se era la sua mamma a mostrargliene la bellezza. Un ultima briciola, il passerotto dal becco rosso aveva terminato il pasto offerto dalla vecchina che non sorrideva. Era giunto il momento di spiccare il volo verso il balcone successivo.
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One comment
Ornella Capece
27 Luglio 2020 at 10:40
Bellissimo. Curiosa di leggere la seconda parte.
Scritto benissimo e la lettura è molto piacevole.
Il racconto è stato scritto con molta sensibilità ed intelligenza.
Non vedo l’ora di leggere la seconda parte.