Scritto da Michela De Nuzzo.
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So benissimo che questo libro è un capolavoro come pochi altri nella letteratura italiana, e di certo non c’è bisogno della mia opinione a riguarda, quello che vorrei però sottolineare è l’assoluta contemporaneità del testo. Forse oggi più di quando sia stato pubblicato la prima volta. Non fosse altro perché in questa evoluzione dell’era digitale, dove tutti proviamo a mostrarci per quello che siamo, nei diversi aspetti della vita quotidiana. Ma ne siamo proprio sicuri?
Pirandello analizza il tema della moltitudine dell’Io. Esiste un Sé che è la percezione che ognuno di noi ha del proprio essere ma ne esistono Centomila, che sono la moltitudine di noi, tanti quanti sono gli occhi che ci guardano e con cui interagiamo.
Ad una attenta analisi, indipendentemente dalla nostra volontà, anche la nostra percezione degli altri è in qualche modo filtrata dalle nostre esperienze, dai nostri occhi, e così ecco che l’Io scompare
L’unico modo per sopravvivere a questo, senza entrarci in conflitto, così come invece fa il protagonista è accettare i fatti. Avere l’umiltà di considerare che ciò che conosciamo (o forse pensiamo di conoscere?) è solo una porzione infinitesimale della realtà.
Un libro che vorrei suggerire a tutti, e magari anche di leggerlo nuovamente a chi lo ha conosciuto solamente durante gli anni scolastici, perché con l’esperienza degli anni sulle spalle, si riescono a vedere sfumature sempre nuove. A stimolare le riflessioni durante la lettura sono naturalmente le vicende e i pensieri del protagonista, Vitangelo Moscarda, che con il susseguirsi dei capitoli parla direttamente al lettore.
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Luigi Pirandello, Uno, nessuno e centomila, Bemporad, Firenze, 1926 (Prima Edizione)