“Non voglio amarlo per non perderlo.”
Viola è una giovane giornalista che per necessità lavorative decide di trasferirsi da Napoli a Milano per poter lavorare nella redazione di un grande giornale. Come spesso accade però, i sogni vanno a cozzare con la dura realtà, e Viola si ritroverà a correre dietro a lavori malpagati e temporanei.
Parallelamente alla sua vita si rincorre quella di Ershela, l’altra protagonista del libro; una giovane ragazza albanese che inseguendo quello che pensava fosse l’amore della sua vita, arriva in Italia per trasferirsi attraverso varie tappe da Otranto a Torino a Roma a Rimini. Un viaggio lungo lo stivale in cui si ritroverà ad essere schiava del sesso e costretta a vedere la sua dignità di donna cancellata.
Le due ragazze sono unite oltre dal loro essere (ognuna a modo suo) straniere in una terra straniera, anche dal rapporto che hanno con le sorelle lasciate a casa. Viola ha una sorella con cui è sempre messa a paragone dalla famiglia, ma con la quale riesce in qualche modo a comunicare, mentre Ershela ha una sorella con cui non può entrare in contatto per proteggerla, e che rappresenterà la sua unica fonte di preoccupazione (in senso materno), per tutto il racconto.
Due percorsi di vita lontani, che si incontreranno per puro caso, quando Viola deciderà di dare forma ad una inchiesta sulle donne di strada, e intervisterà Ershela, in un breve periodo della sua vita in cui conduce un’esistenza quasi normale all’interno di una casa-famiglia.
Il maggiore pregio del libro è quello di portare alla memoria collettiva una storia vera, perché Ershela è realmente esistita, e le sue lettere (nel testo vi è una lunga sezione di epistole non spedite), per quanto riviste nella forma, sono quelle originali della protagonista.
Pur essendo certamente ben scritto, lo stile adottato non rientra nello spettro delle nostre preferenze letterarie. Avremmo preferito una scrittura più incisiva in alcuni passaggi, capace di far sentire al lettore il freddo della strada, il viscidume sulla pelle che dai clienti si trasferiva alla nostra protagonista, l’opacità della società italiana (e questo a tutti i livelli), ma forse si tratta di preferenze personali, che altri lettori possono ritenere non necessarie
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Lucia Esposito, Sorelle spaiate, Giunti, Firenze, 2024