I libri scelti da Andrea Salonia
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Non sempre la stranezza è espressione di qualità, come pure di bello. Così, strano non equivale per forza a interessante. Invece, Andrea De Spirt ha scritto Ogni creatura è un’isola, pubblicato per i tipi de il Saggiatore, e a buon diritto possiamo dire che il suo è un romanzo davvero originale, insolito e curioso. Ma anche sorprendente, eccentrico e bello. Strano, appunto, nella più classica delle accezioni.
L’ho scelto per la copertina, in primis, per una certa qual sensazione di vaghezza e di infinito, per le onde che arrivano sulla battigia e quella figura in movimento nell’acqua, diretta chissà dove, e il mare davanti. L’ho letto per il titolo, semplicemente meraviglioso, rosso come il fuoco delle parole che De Spirt sa poi usare con semplicità e maestria lungo tutto il suo narrare. E infine l’ho letto perché anche a me è sempre parso che ciascuno di noi sia un’isola, che noi tutti formiamo un gigantesco, indefinibile arcipelago di isole, e che l’acqua che lambisce le nostre coste sappia unirci e dividerci al tempo. Proteggere e allontanare insieme. Come anche per quella netta sensazione che ho immaginato fin dalle cinque parole del titolo… ogni creatura è un’isola…di partecipazione del disagio, sensazione che ho poi ritrovato esatta esatta lungo la narrazione. Avrei potuto scrivere: compassione, ma il patire insieme in questi brutti bruttissimi giorni potrebbe suonare fin offensivo, e ne avrei svilito la profondità e l’importanza.
De Spirt racconta principalmente di una vita i cui contorni si vogliono ritrovare per cercare di darle una spiegazione (F., nel testo, lo chiameremo fratello grande, per non svelare troppo), attraverso un frangente della vita di un congiunto (il fratello piccolo, appunto) che arriva su un’isola, di cui mai conosciamo il nome, dove va alla ricerca dei giorni del primo (F., ndr) e nel farlo racconterà pure di sé, della madre, del padre e di J., il quinto personaggio. Cinque creature, cinque isole, con all’intorno alcuni isolotti altri, più piccoli, altre esistenze, altre solitudini, altre inspiegabilità. Ecco, se dovessi racchiudere in una sola parola cosa abbia evocato in me questo bel romanzo sceglierei il termine: inspiegabile. Che non sta per incomprensibile, ma più per misterioso.
Perché De Spirt scrive 498 paragrafi, numerandoli uno per uno, spazialmente separati nelle pagine, e poi una lettera conclusiva. Già l’architrave del romanzo è il primo mistero, ma davvero tanto interessante. Ed è seducente il domino che ciascuno di questi paragrafi numerati crea, con rimandi baciati di contenuti l’un con l’altro, o proprio per l’uso dei vocaboli, tanto che per tutta la narrazione quelli che sembrano momenti isolati, ogni paragrafo un’isola a sé stante, in realtà sono attimi, espressioni, frammenti, frasi, pensieri, sentenze, rimandi, sogni, immaginazioni legate da ponti tra gli avvenimenti, tra i pensieri pensati e detti, tra le riflessioni, tra i dialoghi. Ponti tra le isole, appunto. Questo suo scrivere snocciolando il racconto in un costante rimando di intrecci narrativi e di eventi che a loro volta rimandano ad altri e ad altro è un modo molto originale ed efficace di narrare, a mio giudizio; certo non semplice, sicuramente elaborato, ma accattivante.
Come anche troverete la scelta di usare alcuni vocaboli, e non altri, funzionale al tipo di sensazioni che il romanzo tutto riesce a evocare. Pinguino per paura, un termine su tutti, quasi che all’inizio si possa pensare di leggere un romanzo “adolescenziale” (perdonatemi questo uso qui improprio, probabilmente); il che non è in assoluto, fosse anche solo per la ricchezza degli argomenti trattati o solamente toccati. Fin troppi, unico bonario rimprovero, se mai ci fosse da farne per un romanzo tanto bello; perché di temi e soggetti ne troverete almeno cinque nelle pagine di De Spirt (chissà che i vostri corrispondano ai miei), ciascuno dei quali avrebbe potuto raccontare un continente, e non essere “semplicemente” un’isola. Ne accenno uno, con le parole dello scrittore…”per tutta la vita avevo cercato proprio una storia, qualcuno che riuscisse a vedermi, qualcuno che potesse dirmi come esistere…”. Serve altro? No, almeno che uno non riesca a trovare il suo mare, per lasciare l’isola. Ammesso che lo voglia, o che sia riuscito a rendere un dolore piccolo, così piccolo, tanto piccolo da imparare a nasconderlo.
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Andrea De Spirt, Ogni creatura è un’isola, il Saggiatore, Milano, 2022