I libri scelti da Federica Dagonese
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Tre sono stati i motivi che mi hanno spinto ad acquistare questo libro. Il primo è che non si tratta di un Sellerio dalla classica copertina blu, ma vi è un quadro dalle tonalità tenui (che poi sarebbe il secondo motivo, appunto) e non ho saputo resistere alla bellezza- insomma mi ha colpito questa serie di edizioni diversa; infine la curiosità per una scrittrice mai letta- mea culpa, beninteso! Tre motivi non sono affatto pochi, soprattutto se anche presi singolarmente costituiscono un elemento convincente.
Scopro in questo modo Luisa Adorno: una penna che definisco illuminante perché racconta con una lingua originale, un continuo alternarsi di italiano e dialetto siciliano, l’Italia del post seconda guerra mondiale.
Piccolo passo indietro: si tratta di un romanzo a sfondo autobiografico, motivo per cui il nome in copertina dell’autrice è in realtà uno pseudonimo, per tenere lontano il nome del suocero, vero protagonista della storia. Entriamo così nella casa del prefetto Adorno, e la scrittrice ci racconta con un’ironia dissacrante la mentalità di quest’uomo che è poi quella di un’intera categoria, quella cui egli appartiene ossia il mondo della burocrazia e del dietro le quinte della nostra Italia. Luci ed ombre di un uomo al servizio del governo che continua a dire di sé stesso “servu sugnu”, espressione che diventa il ritornello di tutta la sua vita e di molti capitoli del libro, motivo per cui ad un certo punto il lettore non può che ridere ogni volta che lo incontra.
C’è una narrazione che procede con un’ironia mai svelata troppo apertamente, ma che mi ha divertita e accompagnata fino all’ultima pagina. Ma attenzione, a ben rifletterci non può che essere un riso amaro, grazie al quale capiamo che la narrazione storica non è fine a stessa, ma, sebbene il libro non racconti la politica e l’Italia dei nostri giorni, continua ad essere un perfetto spunto di riflessione. Viene messa in campo, attraverso la vita del prefetto-suocero, una politica grottesca così come lo è la vita del povero servo, che deve rimanere fedele ad uno Stato di cui forse neanche lui ha ben capito le leggi e la burocrazia o se le ha capite a volte gli capita di dimenticarle…
Alla fine del libro sei un italiano consapevole, che un po’ ride e un po’ si vergogna. È la nostra storia che ci porta ad essere contraddittori come spesso essa stessa lo è.
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Luisa Adorno, L’ultima provincia, Sellerio, Palermo, 1992