The books chosen by Andrea Salonia
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Son solo pochi giorni che è morto il signor Carlo Vichi, quello dei televisori MIVAR, fatti di bulloni, transistor e fatica soltanto italiani.
Aveva 98 anni. Ora, chi non ha mai avuto un MIVAR in casa, o almeno la sua famiglia? Io ne ho avuto uno grigio perla, un bel rettangolo davanti e la coda dietro che pareva un pavone per tanto lunga era. È stato il televisore della mia emancipazione, uscito di casa per l’università, Milano, cieli grigi e giornate di luce alternate, Città Studi a destra e a manca alla ricerca dell’aula e del luogo dove andare a imparare. Anni belli, anni brutti, anni che han partecipato a tratteggiare chi sono adesso, la mia vicenda umana.
Perché scriverne?
Sarebbe sufficiente dire: perché Carlo Vichi e il televisore MIVAR sono un pezzo lungo della nostra storia, e la cosa mi commuove, vivendo io spesso nel passato con la testa, zeppa di ricordi al passato prossimo, se non addirittura al remoto. Ma oggi ne scrivo in realtà per due altri motivi. Primo: il televisore MIVAR è co-protagonista di un romanzo audace e nuovo, SANGUE DI GIUDA, scritto da Graziano Gala, classe 1990, nato a Tricase, nel Salento, luogo che su di me esercita un fascino grande (e non solo su di me, stante la passione di Hollywood per quella terra…). Secondo: i ricordi, dolorosi, crudi, feroci, sono almeno una delle chiavi interpretative del romanzo, e della vicenda al tempo tragica e comica del suo attore principale: Giuda, appunto (figura degna di mille descrizioni, che non ricorda neppure il suo nome vero fino…).
SANGUE DI GIUDA è un romanzo che mi ha rapito fin da quando l’ho visto, una mattina sfogliando la rete dal mio cellulare, forse salendo in ascensore per arrivare a cambiarmi e iniziare la giornata… certamente in un momento così. Ed ecco che ti compare questo libro dalla copertina color ottanio, con un vecchio in piedi – Giuda, si capirà leggendo – sulle spalle il MIVAR, e sopra al televisore un gatto e un cane neri. Minimum Fax realizza copertine splendide, a mio parere, in particolar modo nella rappresentazione grafica degli uomini, che vengono colti nelle loro fragilità anche solo con le sfumature, digitali beninteso, del corpo disegnato (ricorderete certo il Premio Campiello 2020, ndr).
SANGUE DI GIUDA è un romanzo che incominci a leggere e ne rimani stranito, tra lo stupito e l’infastidito, ma solo all’inizio, quando capisci che il MIVAR è la molla che fa scattare il racconto e la lingua ti pare ostica, smozzicata, strana, quantomeno strana. Se la facessi leggere a un napoletano ti direbbe: non è di Napoli. Al pari, se torni alle origini dell’autore, credendo possa essere salentino, chi di quella terra meravigliosa la dovesse leggere, direbbe: non è Salentu! Comunque sia, è una lingua che ha del magico e ti trattiene con gli occhi sulle parole, e già per questa ragione ti invita a leggere le 171 pagine del romanzo (ricche di tre pagine di curiosi ringraziamenti dalla 169 alla 171, appunto).
SANGUE DI GIUDA è poi un romanzo che ami per la storia di Giuda, che ti sa far ridere e rattristare insieme, e le due cose non sono mai scontate in una vicenda tanto soffocante da non riuscire mai a diventare anche cupa, opprimente e lugubre. No: la storia del Giuda di Graziano Gala è vivace e ti arriva come uno stiletto proprio nel centro esatto del cuore. E poi saranno le parole sghembe che vengono usate, i rimandi a immagini di pervicace attualità, oppure il sapore antico delle cose raccontate, ma insomma: questo è un romanzo che vi cattura, trascinandovi fino alla fine, dove sarà ben difficile che non vi commuoviate, anche il più sasso di Voi lo farà, dopo aver riso ed essersi arrabbiato, rammaricato, indispettito, infuriato, afflitto e tutte cose insieme nel corso di un romanzo che si legge con un piacere raro.
SANGUE DI GIUDA per me non è un romanzo di formazione, ma racconta dello stordimento che la violenza e l’abbandono, la solitudine e la comunione delle vite possono esercitare su una vicenda umana. Che è poi, almeno in parte, quella universale di tutti noi.
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Graziano Gala, Blood of Judas, Minimum fax, Roma, 2021