La gang del pensiero

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“VENERDÌ RE-VERSO

“Non fatevi convincere da nessuno che nessuno è interessato alle idee.”

Avete mai visto “In fuga per tre”? È un film del 1989 con Nick Nolte e Martin Short. Non l’hanno visto in molti ma noi continuavamo a pensarci durante la lettura. Nella pellicola un assurdo trio composto da un ex rapinatore di banche appena uscito di galera, uno scalcinato ladruncolo che lo sceglie come ostaggio e la sua silenziosissima figlioletta affrontano una fuga dalla legge tra le più strampalate peripezie.

Nel libro che abbiamo scelto questo mese un filosofo sovrappeso, pelato, con nient’affatto celati problemi di alcolismo incrocia uno sfortunato rapinatore che si tiene fisicamente in piedi con lo scotch e insieme decidono di attraversare il sud della Francia dandosi alla rapina zetetica (nel libro la ricorrenza di buffe parole con la Z potrebbe egualmente divertirvi o esasperarvi. Poche righe sul finale forniranno, forse, una chiave di lettura inaspettata). La strana coppia persegue la propria missione alla faccia di un investigatore corso che ricorda un po’ lo Zazà di Lupin e con il sostegno di un’imperscrutabile e affascinante vice direttrice di banca.

La mole del libro si giustifica con una quantità esagerata di digressioni in cui appaiono ex fidanzate, amici filosofi persi per strada, guerra in Afghanistan e colleghi professori un po’ ridicoli e parecchio rancorosi; condite con un pizzico di vita accademica a Cambridge e innumerevoli risse da bar. Siete confusi? Se a 16 anni vi hanno fatto leggere “Vita e opinioni di Tristam Shandy, gentiluomo”, il primo anti-romanzo della storia, forse non così tanto. Per apprezzare queste pagine serve una certa attitudine: ai protagonisti falliti, all’indolenza e all’assurdo. Anche con questa cassetta degli attrezzi, amorevolmente coltivata in anni di letture, forse un centinaio di pagine verranno catalogate come evitabili. In alternativa, come insopportabili. Insomma, non si tratta di un libro facile da consigliare.

La nota di merito più sincera va senza dubbio al personaggio di Hubert: parti del corpo mal montate, una malattia “fatale e molto di moda”, niente da perdere, più filosofo del filosofo ufficiale. Una scena molto colorita ambientata in libreria ve lo farà amare per la sua pittoresca sincerità: “Lei vende carta incollata assieme, non libri”. E a rileggere le sottolineature sparse tra le pagine ricostruirete il filo di una malinconia ironica, un cercare di tenere insieme le cose anche dopo averle accantonate come insensate, una postura davanti agli accadimenti della vita che lascia indietro le paure (enormi) e accoglie TUTTO quello che arriva, per quanto folle questo tutto possa apparire. “La cosa che mi dà più fastidio è l’idea di perdere quella manciata di persone con cui posso avere una conversazione decente. Ci vuole una vita per procurarsele. Perdere la vita non è poi una gran perdita, perdere loro, invece, sì.”

Noi comunque abbiamo riso molto raccontando alcuni episodi, strizzando via dalle tristezze qualche goccia di disincantato umorismo, forse lo specchio di questi anni inconcludenti e terrorizzanti, sindrome di fine millennio cantavano, in cui non ci resta che alzarci il bavero della giacca e procedere in una vita che non capiamo ma che, forse, saprà ancora stupirci: perché, in fondo, ci sono ancora cose da fare.

 

Recensione di Delis 

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Tibor Fischer, La gang del pensiero, Marcos y Marcos, Milano, 2020

Edizione originale: The Thought Gang, Birlinn, London, 1994

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