Il meraviglioso viaggio di Octavio

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“VENERDÌ RE-VERSO

“Niente più ossa, niente più muscoli, niente più vene: dentro di sé Octavio aveva l’autunno.”

 

Ci sono tre pagine, quasi all’inizio del libro, tre pagine che ci presentano Octavio: è praticamente impossibile non volerle rileggere almeno due volte. È il dipinto di un destino, sfumato e profetico, come quei quadri che più li guardi più appaiono dettagli allucinanti, volti nascosti nel fogliame, incongrue mise en abyme, sabba infernali, alterate rivelazioni. Octavio è un personaggio opaco, questo è importante – anche quando ci è concesso uno scorcio sui suoi pensieri non avremo mai la sensazione di comprenderli appieno; possiamo approssimare delle interpretazioni ma è in questa opacità che risiede la storia, molto più che in quanto di fatto accade nel corso del suo stranissimo viaggio. Il cerchio magico del racconto si ripiega su se stesso lasciandoci quella sensazione così preziosa di non aver capito tutto. Scoccia dover scomodare sempre Byung-chul Han, ma è davvero nel non detto, nell’incomprensibile, nella suggestione delle immagini che riposa la Narrazione, pace all’anima sua. Siamo sempre più abituati a leggere per conoscere, per capire, per saper spiegare (legittimo), ma quando assimiliamo informazioni e dati il nostro cervello può, se tutto va bene, creare dei collegamenti, se tutto va male accumularli come faldoni in un archivio. Quando invece ci troviamo immersi in una storia come questa, dove i nessi causali sfuggono e la natura erompe senza il peso del senso, rimane vivo l’incanto nella sua ineffabilità e, navigando a vista nel mare delle nostre emozioni, siamo costretti a creare significati. Dobbiamo sforzarci di decifrare la strada a cui ci hanno condotto stupite impressioni, impariamo a conoscerci nei riflessi che la storia lascia in noi, nel modo in cui modifica il nostro sguardo.

A questo punto vorrete forse sapere qualcosa del libro.

Si parte da un piccolo paesino in Venezuela, nato dalla peste e da un albero di limoni. Qui nasce e cresce Octavio, giovane forte e vigoroso, vigorosamente analfabeta (la mano tagliata sanguina sempre per non tradire “una religione che non esige confessione”). Octavio incontra l’amore e la scrittura, compie uno di quegli azzardi che solo la paura può spiegare e quindi scappa, iniziando il suo viaggio. Ostacoli, incontri, ritorni. Il compiersi di un destino. Poesia, poesia dappertutto. A ogni riga, a ogni passo. Anche qui c’è della magia, la stregoneria più antica, quella che scaturisce da certi accostamenti di parole, dalla musicalità delle proposizioni, dalla solidità della punteggiatura, definitiva.

“L’idea di una nuova partenza si impadronì di Octavio senza ansie né rumore, come un’evidenza.”

Chi legge molto potrà trovare in queste pagine il raro dono della semplicità priva di banalità; chi legge poco potrà imboccare un sentiero che lo condurrà a popoli ignoti e sconosciuti paesaggi. Il cosiddetto “realismo magico” non è un genere che soddisfa tutti i lettori, taluni potrebbero trovarlo stucchevole o inconcludente, eppure – eppure – quando Coleridge ci parlava di sospensione dell’incredulità non voleva forse condurci proprio qui, su questo labile confine, al limitare del concetto di verità? Mettiamo alla prova la facoltà tutta umana di trasportarci in un altrove che co-costruiamo insieme all’autore, sensi attivi, cuore aperto, pronti a ricevere tutto l’intangibile di cui il quotidiano talvolta ci priva: astronavi nel nostro idiosincratico universo.

Dopo tante righe continuerete a non sapere nulla di questo viaggio, speriamo però che vorrete fare la conoscenza di Octavio, il gigante silenzioso che impara la lingua del mondoper trasformarsi nella straordinaria incandescenza del tempo, della vita, della narrazione. Vi promettiamo che non resterete delusi.

 

Recensione di Delis 

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Miguel Bonnefoy, Il meraviglioso viaggio di Octavio, 66thand2nd, Roma, 2015

Edizione originale: Le voyage d’Octavio, Rivages, Paris, 2015

 

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