“A un certo punto è più facile andare in guerra che tornare a casa.”
Attenzione, attenzione. Siamo di fronte a un testo di narrativo vero, come non ci capitava da molto tempo, in cui la storia narrata, moderna in molti suoi aspetti, si combina con uno stile polveroso (in senso positivo) tipico della scrittura di qualità del secondo dopoguerra. Come ci piace specificare, il testo durerà negli anni, e non per essere mangiato alla bene e meglio in pochi mesi nelle vetrine delle librerie per essere poi subito rimpiazzato da qualcos’altro di più vendibile.
La storia narrata è quella di Alma, una giovane donna che dopo molti anni si ritrova obbligata a tornare a casa, a Trieste, dove trova ad attenderla l’eredità del padre. La protagonista del racconto dà nome al libro, ma a nostro parere si poteva intitolare altrettanto bene Trieste, perché perfettamente sovrapponibili. Alma stessa come la sua città tanto odiata (?) è una terra di confine. Passato e presente, doveri di sangue e doveri morali, sentimenti verso il padre e sentimenti verso la madre, ricordi certi e ricordi immaginari di fatti forse mai avvenuti cercano di convivere su un territorio conteso, dove i confini sono labili, e ogni metro guadagnato oggi, sarà perso domani. Concetti forse più familiari a chi vive in determinati territori, che si potrebbero rivelare una stupenda scoperta per chi magari vive in altri luoghi, ma che si ritroveranno nel cuore diviso di Alma.
Nel marasma di ricordi e nuove scoperte, abbiamo apprezzato la maturazione della protagonista, che oltre al rapporto con i luoghi e i rapporti familiari, si può apprezzare nella relazione che ha con Vili, ufficialmente per i documenti Guglielmo. Un fratello acquisito che sotto la protezione del bilinguismo, sarà salvato dalla guerra esplosa nel paese dopo la morte del Maresciallo Tito, e diventerà un amico, un amore e poi un estraneo.
Ci è piaciuto oltremodo perderci nei riferimenti storici-politici-culturali di quello che è stata la Jugoslavia; di chi provava al meglio delle proprie possibilità a costruire una realtà migliore, che non fosse costretta a rientrare dentro la sfera d’influenza statunitense o sovietica, come appunto il padre di Alma, che arriverà a sacrificare la sua famiglia per un ideale e un “lavoro” che forse alla fine si è dimostrato inutile.
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Federica Manzon, Alma, Feltrinelli, Milano, 2024