“Davanti alla casa del fascio si raschiò la gola, raccolse in bocca la saliva e sputò per terra.”
Italia post armistizio dell’8 settembre, fratelli contro fratelli, patria natia terra di contesa da piedi stranieri, e violentata da morti innocenti.
L’azione si svolge completamente nelle Valli di Comacchio, dove la Storia – con la S maiuscola – durante il secondo conflitto mondiale si scontra e travolge la storia – con la s minuscola – di una contadina/lavandaia, appunto Agnese e suo marito Palita. Il giorno in cui tutto cambia è quello di un rastrellamento tedesco, forse a seguito di una delazione, in cui Palita viene fatto salire con la forza su un camion militare. Uno di quei lunghi viaggi, fin troppo noti, dove in pochissimi sarebbero tornati a casa, e purtroppo il marito di Agnese non sarà tra questi.
Ritrovatasi sola al mondo, nella sua semplicità e se vogliamo ignoranza tipica delle campagne italiane dell’epoca (la mente va ai cafoni di Fontamara), Agnese andrà ad acquisire una sempre maggiore coscienza sociale, politica e in quanto donna, in un mondo dove la parità di genere non era ancora concepita.
Riallacciando i contatti con alcuni compagni del marito, in breve diventa staffetta partigiana, con responsabilità organizzative via via maggiori, e dare il suo contributo alla Storia.
I tratti autobiografici del romanzo con la vita dell’autrice sono molti, e ci ha molto affascinati la sua consapevolezza politica, un pensiero raffinato che le permette di prendere una posizione chiara non solamente sull’azione nazi-fascista, ma anche su quella politico/militare degli Alleati durante la campagna d’Italia. Altrettanto apprezzato nel racconto il modo in cui viene esaminato l’animo degli italiani, sia negli atti di coraggio che negli atti di viltà, da entrambe le parti in lotta.
Nata come poetessa, l’autrice riesce a dare tonalità di poesia in molte pagine del testo, con l’adozione di forme retoriche che lasciano il lettore sorpreso, dal “fuoco felice” che ardeva le valli, agli “aerei come farfalle” mentre sganciavano bombe sulla popolazione.
Il libro andrebbe riportato nelle scuole, come lettura obbligatoria. Far conoscere alle nuove generazioni quello che i loro bisnonni hanno dovuto patire. Far capire cosa vuol dire essere in guerra, la fame, la paura e il costo della libertà.
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Renata Viganò, L’Agnese va a morire, Einaudi, Torino, 2014 (prima edizione 1949)