“Tutti volevano morire quest’anno perché dal prossimo non si vedrà più niente di nuovo.”
Il protagonista del racconto è Nicola, che per trentacinque anni ha vissuto in un manicomio. Figlio di una situazione familiare non facile, ufficialmente mai nato, perché il padre non si è mai deciso a registrarlo all’ufficio anagrafe (a differenza dei suoi fratelli), e una madre rinchiusa a sua volta in un manicomio, sin da bambino sarà costretto a entrare in contatto con il mondo delle malattie mentali, il quale spesso è evitato persino dagli adulti.
Per l’ingenuità fanciullesca del malato mentale, l’ospedale è un condominio speciale, e i malati sono dei santi, fino al medico visto come Gesù Cristo. A questa visione viene affiancato il racconto dei malati curati con l’elettroshock, e la disumanizzazione di chi è rinchiuso dentro gli ospedali psichiatrici perché malati, perché troppo sensibili, perché non hanno altro posto in cui andare. A tal proposito ci è piaciuto moltissimo il passaggio in cui i malati vengono descritti come menti in cui la luce non viene mai spenta, oppure in menti che vivono perennemente al buio. Qui forse la domanda indiretta che accompagna il lettore, chi è il “normale” e chi è il “matto”? Quanto è spessa quella linea di confine tra le due categorie? Il trascorrere del tempo ci ha insegnato che quello che è ritenuto anormale in un determinato momento storico, diventa normale in un altro periodo storico.
Non è una lettura difficile, anche le dimensioni del libro non sono notevoli, ma è un testo che trasuda intelligenza e arguzia. Noi consigliamo di leggero due volte di seguito, per apprezzarne gli spunti dietro le parole, la semplicità della scrittura nasconde la complessità di pensieri alti, e il racconto di atrocità che si vuole negare, o almeno non vedere. Un testo di valore assoluto che ci è molto piaciuto, forse più di quanto avessimo potuto ipotizzare nel momento dell’acquisto. In ultimo, una ultima nota di colore: per noi che in passato abbiamo assistito a vari spettacoli dell’autore, durante la lettura ci è sembrati di essere accompagnati dalla sua voce narrante dall’alto di un palco dietro un leggio.
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Ascanio Celestini, La pecora nera, Einaudi, Torino, 2006