“Per molti anni ho pensato che ci fossimo incontrati in un tempo malato che non era il nostro tempo.”
Non sappiamo se Concita De Gregorio sia consapevole di quanto la sua penna, con questo genere di libri, sia in grado di lasciare una traccia profonda nella società italiana, come un solco che tutti dovrebbero prendere per un cammino verso una maggiore consapevolezza dei propri limiti e delle proprie potenzialità.
Il libro ci è piaciuto perché ci ha fatto riflettere e commuovere e arrabbiare; potevamo avere altro da chiedere? Quando un testo ha l’impatto di un piccolo terremoto dentro le certezze del lettore, lo riteniamo un aspetto positivo, perchè poi su quelle macerie si può ricostruire da zero, e con maggiore cura.
L’autrice ripercorre la vita di dieci figure femminili che hanno segnato in qualche modo la sua vita e potrebbero essere di ispirazione come modelli da seguire per altre donne e uomini. Una scelta mirata e attenta di donne che l’autrice ha in qualche modo sfiorato durante la sua esistenza, nel corso degli anni, sia dal vivo come Dora Maar o Amelia Rosselli, oppure nelle pagine delle loro opere che hanno lasciato a testimonianza del loro passaggio nel mondo.
Il libro è come il coro a bocca chiusa nella Madama Butterfly. La forza di un coro di sole donne che prendono la parola per l’ultima volta e raccontano il loro punto di vista le loro emozioni.
Pensiamo il pubblico di riferimento debba essere uno prettamente maschile, per capire e apprezzare ancora di più il mondo femminile, e non cadere nell’errore di pensare che una donna, sia essa figlia, amante, moglie o madre non è una proprietà, e quanto sia stato difficile per loro acquisire alcuni diritti.
Il testo è stato scritto con chiaro intento di crearne una trasposizione teatrale e questo rende non solamente la lettura agile, ma dà la possibilità sentire la voce di quelle donne, come forse mai avevano avuto possibilità di farsi sentire durante la loro vita.
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Concita De Gregorio, Un’ultima cosa, Feltrinelli, Milano, 2022