I libri scelti da Federica Dagonese
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Iniziamo dall’inizio, ché è uno degli incipit più ammalianti mai letti da me e certamente, scusate ma è così, tra i più belli di tutta la letteratura mondiale. Mi permetto di riportarlo qui, perché ne vale davvero la pena; sentite come suona– in tutti i sensi- sentite la musica di queste parole e del concetto, tanto delicato, dietro di esse:
– “Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un breve viaggio di tre passi sul palato per andare a bussare, al terzo, contro i denti. Lo-li-ta. Era Lo, null’altro che Lo, al mattino, diritta nella sua statura di un metro e cinquantotto, con un calzino soltanto. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea punteggiata dei documenti. Ma nelle mie braccia fu sempre Lolita”. –
Quel sillabare Lo-li-ta si percepisce esattamente come un pianista con i tasti di un pianoforte e allora ti lasci trascinare dalla sensualità dell’immagine creata.
Più difficile è il resto della narrazione. Se vi dicessi che il signor Humbert dedica queste parole appassionate alla piccola Dolores e che quindi si tratta, senza nessuna edulcorazione, di un amore pedofilo, ci piacerebbe ancora la delicatezza di questo inizio?
Il lettore deve un po’ superare l’ostacolo della morale e seguire i pensieri dell’innamorato. Non è per niente impresa facile, come lo stesso protagonista ammette, in un continuo atto di totale sincerità con il lettore, il quale è sempre interpellato, siamo invitati ad entrare nella mente malata di un uomo.
Ora facciamo un passo indietro, per me è sempre affascinante leggere l’amore dal punto di vista maschile; gli uomini che raccontano i processi dei loro pensieri, e i contenuti delle loro fantasticherie e gelosie, sono sempre degni di attenzione. Lolita è questo: un viaggio turbinante tra i pensieri di Humbert.
Se per caso non riusciste a digerire l’ostacolo della pedofilia, vi prego, proseguite perché non potete perdervi la sapiente e accattivante ironia usata dal singolare narratore; tra tutte le caratteristiche che questo romanzo può avere certamente l’ironia regna sovrana, e lo ammetto, è l’unica arma che mi ha permesso di non chiudere il libro in alcuni momenti.
Purtroppo può risultare pensante la descrizione di alcuni passaggi, del viaggio in macchina in giro per gli Stati Uniti, ad esempio, ma del resto a questo narratore gli si perdona anche questo, è lui stesso a dirci che purtroppo deve dilungarsi su particolari anche inutili.
Se l’amore di Humbert risulta chiaro e ben descritto, più sfuggente è la figura di Lolita, che rimane un po’ sullo sfondo e non si riesce ad afferrare.
Il libro è da leggere sia da un punto di vista psicologico sia da un aspetto più tecnico, per il sapiente uso delle parole, per le descrizioni puntuali dei personaggi. Insomma Lolita ha lunga vita, edito nel 1955, ancora oggi è il romanzo preferito anche tra le nuove generazioni, del resto sul finale lo stesso Nabokov ha scritto “lunga vita a te, amore mio”.
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Vladimir Nabokov, Lolita, Adelphi, Milano, 1992
Edizione originale: Lolita, Olympia Press, Paris, 1955