Primo amore e altri affanni

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“VENERDÌ DI-VERSO

Ascoltavo come in sogno lo scrosciare delle onde e sapevo che avrei superato la prova della mia giovinezza e sarei stato perdonato. 

Alcuni libri, che si leggono velocemente, pieni di vita eppure ariosi, freschi, varrebbe la pena descriverli con delle immagini piuttosto che attraverso le parole. Un’immagine che possa suggerire, forse, lo stato d’animo di chi, chiuso il libro, dopo l’ultima pagina, chiude anche gli occhi, per lasciare vibrare nell’aria il profumo della fine. E allora proviamo.

Fine estate. Una distesa d’erba alta, mossa dal vento tiepido che l’attraversa e che si perde nel vuoto improvviso di una scogliera, a precipizio sul mare schiumoso. L’ora è quella malinconica del primissimo tramonto; il verde dell’erba inizia impercettibilmente a virare sul dorato, i primi riflessi rosa sulle nuvole sporcano il blu chiaro e struggente del cielo. Il petto è gonfio di emozioni contrastanti – la libertà dell’orizzonte aperto, infinito; la spensieratezza dell’estate e, insieme, quella tristezza dolce che accompagna la fine, tutte le fini attese; dietro l’angolo, i giorni a venire, settembre, le preoccupazioni, i progetti, i doveri (cosa ne sa, l’estate, di quel che si deve fare). Allo stesso tempo, la beatitudine del momento presente, la possibilità di accogliere come pura ogni sensazione, a dire “e benvenuto sia anche l’errore”.

Siete lì? Su quella scogliera, alla fine di un giorno, alla fine di un’estate? Sentite i polmoni pieni di quella nostalgia – dolore del ritorno – per qualcosa che non è ancora finito?

Chiudete “Primo amore e altri affanni”. Siete alla fine dell’adolescenza: sentite che qualcosa sta per succedere, qualcosa che riguarda solo voi, unici signori del vostro turbolento universo – che si sa, per i ragazzi ogni gioia e ogni dolore è senza fine e incomprensibile, inspiegabile allo sguardo altrui. E siete improvvisamente davanti al precipizio: il punto in cui tutto sembra iniziare e finire, il silenzio prima del boato, la sospensione prima dell’acquazzone, la stasi prima del “Via!”. Come se avessero premuto il tasto “pausa” prima della vita, quella che inizia dopo la scuola. Brodkey descrive quell’istante di incertezza, curiosità, vertigine. Non è l’unico, non è il migliore. Ma è gentile. Il suo sguardo è comprensivo e nei suoi racconti (in cui non parla di disagi estremi, traumi apocalittici, abusi psicologici e altre amenità, si tiene sul filo precario di quella che ci si azzarderebbe a definire una normalità) sembra prendere quei ragazzi, affacciati al futuro, in un’epoca in cui non c’è grande scampo dal diventare adulti, e accompagnare il loro, di sguardo, oltre quel pauroso momento, come a dire: sopravviverete. Sopravviverai. Sopravviverà il tuo corpo incomprensibile. Il tuo animo deluso. Il tuo cuore a pezzi. Forse, sopravviverà anche la tua capacità di ascoltarti e interrogarti – a prescindere dalla plausibile impossibilità di trovare delle risposte.

E il lettore che pure non sia più adolescente non solo si intenerirà di fronte al ricordo di quei giorni di vita prima della vita, ma anche, chiudendo gli occhi dicevamo, si perdonerà (se non l’ha ancora fatto) trovando come lo spazio per pensare: certi dolori davvero non passano mai, per il modo indelebile e profondo che hanno di segnarci la pelle. Eppure, sono sopravvissuto. E quei segni, non li cancellerei.

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Harold Brodkey, Primo amore e altri affanni, Fandango, Roma, 2022

Edizione Originale: First love and other sorrows, The dial press, New York, 1957

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