“Questa donna mi portava male.”
Opera prima in prosa della poetessa dei Navigli. Una scoperta piacevole, contraddistinta da un testo rivelazione sulla condizione umana, nella sua normalità e in quella che veniva definita “non normalità”.
Scritto sotto forma di diario, con una parte finale contenente epistole, il libro ripercorre i dieci anni vissuti dall’autrice nell’ospedale psichiatrico Pini di Milano. Un’esperienza che, come è facile immaginare, la cambierà totalmente, e segnerà il corso della sua vita, a partire dalla relazione con i figli e poi nei vari rapporti interpersonali.
Dal libro emergono parentesi aperte e mai chiuse di solitudine sia dentro sia fuori l’ospedale, tanto da farci chiedere quali fossero realmente le differenze tra chi era etichettato come “normale”, e chi no; se malato di mente è chi ha comportamenti socialmente ritenuti inadeguati, o chi, ritenendosi normale, non è stato in grado di ascoltare silenziosi gridi di aiuti, nascondendo la questione dietro dosi massicce di farmaci e sessioni di elettroshock.
A questo proposito abbiamo trovato geniale la forma di “diario” che si è data al libro, perché ci ha dato la perfetta idea della linea di quotidianità del dolore, che altrimenti sarebbe apparsa annacquata al lettore. La pena dei reclusi vissuta come una goccia cinese che scavava nella loro anima è la stessa che scava dentro l’animo del lettore durante la lettura.
Dopo tutto cosa c’è di peggio di essere rinchiusi dietro le sbarre senza altra colpa di essere malati, o solo perché si è un peso per qualcuno?
Ci sembra una Italia di secoli fa, eppure la legge per la chiusura dei manicomi fu approvata alla fine degli anni Settanta, e molti di coloro che furono costretti a vivere rinchiusi in quelle condizioni sono ancora in mezzo a noi, anche se oggi sono più invisibili di quando erano dentro quelle mura.
Pur essendo un libro in prosa, la cifra poetica in molti passaggi è notevole, un registro stilistico preciso che è la vera firma di Alda Merini, in tutte le sue debolezze, in tutte le sue delicatezze, in tutta la sua sessualità, in tutto il suo essere donna, in tutto il suo essere semplicemente Alda.
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Alda Merini, L’altrà verità, Rizzoli, Milano, 2020 (Scheiwiller – 1986)