Lumen

Siamo a Cracovia nell’ottobre del 1939, Martin Bora è un capitano della Wehrmacht di stanza nella città polacca appena invasa dai nazisti. E’ iniziata la Seconda Guerra Mondiale.

In un contesto completamente in subbuglio, dove gli ultimi ribelli tentano di resistere e gli ebrei vengono costretti ai lavori forzati, Bora viene incaricato di indagare sulla morte violenta di Madre Kazimierza, badessa del convento di Nostra Signora delle Sette Pene uccisa da un colpo proiettile mentre era raccolta in preghiera.

L’indagine è condotta con la talvolta contrastata collaborazione di Padre Maleki, religioso americano di origini polacche incaricato di svolgere uno studio sulle stigmate che comparivano su mani e piedi della suora durante le visioni che l’avevano resa oggetto di culto per molti polacchi. Tra i due uomini si crea un sodalizio umano e intellettuale basato sul reciproco rispetto, sebbene si posizionino sui due lati opposti del conflitto in atto.

Accanto alle indagini sull’omicidio, il capitano Bora prosegue nella sua attività quotidiana in un esercito invasore alle prese con le ultime deboli sacche di resistenza interna.

Ben Pastor delinea un personaggio complesso, a cui la fedeltà al Reich non impedisce di provare disgusto nei confronti della violenza e dei soprusi perpetrati dalla stessa Wehrmacht e dalle SS nei confronti della popolazione polacca. Di Martin Bora ci fa intuire il tormento interiore e la ben mascherata fragilità e questo ci permette di parteggiare per lui, nonostante la sua posizione sia senza dubbio tra i cattivi nel contesto della Storia mondiale. Oltre ad apprezzarne le doti investigative, forse al capitano Bora perdoniamo l’errore di cui quasi tutti siamo in qualche modo colpevoli: quello di non saper riconoscere in anticipo le tragedie del nostro tempo e di esserne in un certo senso conniventi.