Scritto da Valentino De Bernardis
“Quando vuoi mettere la testa a posto?”
“Mai!” sorride.
“Non dico di pensare a costruire una famiglia, ma almeno una ragazza fissa, abbandonare per sempre le scommesse, lasciare da parte le avventure da una notte di cui mi scrivi sempre. Almeno a Londra ti trovi bene oppure speri di tornare a Liverpool?”
“A casa mi sono rimasti solo i debiti. Non penso di tornarci, non ho più legami. Pur rimanendo sempre un cavolo di taffy non sono un tipo nostalgico.” su questo chiunque ci può mettere la mano sul fuoco; orgoglioso di ogni goccia di sangue pura gallese. Si ferma a scattare foto sul ponte che divide il naviglio pavese dalla darsena.
“Stiamo diventando grandi!” riflette Connie ad alta voce, con una tonalità sbagliata, simile a quella usata dagli insegnati per rimproverarli a scuola. Appena terminata la frase nota anche come il concetto di diventare grande si dilati nello spazio circostante a macchia d’olio.
“Io no, io lo sono sempre stato e questo mi permette di essere a credito con la vita e poter continuare a sentirmi un diciottenne.”
“Ethan mai una volta che sia possibile fare un discorso serio con te.”
“Ricordi il gruppo di skinhead di Toxteth che mi dava la caccia perché pensavano fossi gay, fino a quando non sono riusciti a prendermi e mi hanno massacrato di botte? Sono riuscito a venire a casa tua prima di crollare, poi la corsa in ospedale con tuo padre a gridare di non crepare in macchina, poi l’operazione alla milza spappolata, poi…”
“Non c’è bisogno di continuare.” dice Connie prima di essere inghiottita da ricordi che vuole dimenticare per sempre.
“Loro si sentivano grandi mentre mi picchiavano, io diventavo grande mentre mi picchiavano!”
“Questo cosa c’entra con quello ti ho detto?”
“Avere dei problemi, non avere un posto dove andare, avere debiti, non avere una persona che ti aspetta a casa, non sono riti di passaggio che fanno diventare grande.” risponde veloce Ethan, facendo intuire di aver già fatto le medesime riflessioni dentro di sé, abbracciando l’aspetto temporale del diventare grandi.
Attacca senza voler però colpire o abbattere Connie. Il maggiore cambiamento al trascorrere degli anni, è rimanere uguali a se stessi. Evitare di essere racchiusi nella categoria mortale dell’essere grandi. Pur cambiando l’ambientazione il punto di vista di Ethan rimane lo stesso di quando aveva quindici anni, e c’è da credere che sarà il medesimo quando avrà cinquant’anni.
“A dicembre verrò a vivere in questa parte della città. Ho già pagato la caparra. Quindi potrai venire a trovarmi con maggior frequenza visto che ti piace.” cambia discorso Connie senza volerlo veramente cambiare.
“Tu come stai?” Ethan cerca un salvagente per scusarsi.
Le domande semplici, ecco cosa sono in grado di fare gli amici. Capire il momento e tornare alle base emotiva, perché non ci vuole molto a scavare nell’animo umano, non ci vogliono parole complicate per attraversare l’anima di una persona a cui si vuole bene.
“I soliti alti e bassi. Solamente a volte mi piacerebbe avere attorno persone come te o Christine.” dice mentre riprende a camminare.
“Ti ho sentita diversa, malinconica.”
“Nulla va male in particolare. Il luogo di cui mi ero innamorata e le cattive abitudini che sopportavo con piacere hanno perso la magia di una volta. Gli amici, quelli con cui ho condiviso i momenti importanti da quando sono arrivata, sono tornati nei loro paesi d’origine, e non ti parlo solo degli inglesi, perché alla scuola dove insegno ne conosco sempre di nuovi. E’ il contesto attorno a me che è mutato in peggio, o forse sono cambiata io, o peggio invecchiata!” continua a guidare Ethan senza sapere lei per prima dove stiano andando.
“Nessuno ti obbliga a rimanere. E’ unitile che a telefono mi dici di essere stufa degli italiani se non fai nulla per cambiare la tua situazione.” dice Ethan all’amica di sempre.
“Voglio portare a termine i miei progetti, Sono disposta a sopportare tutti i compromessi del caso per realizzarmi.” sempre caparbia nelle sue decisioni. Il bisogno di voler dimostrare di essere una forte donna indipendente.
“Siamo uguali, entrambi sappiamo quello che vogliamo ma non ne saremo sicuri fino a quando non l’avremo perso. Per caso mi nascondi anche un desiderio segreto di maternità inespressa?” sdrammatizza per voler chiedere una domanda seria. Da quando Christine, l’altra amica del trio, era diventata madre, era cambiato qualcosa dentro Connie, ma la distanza aveva sempre impedito ad Ethan di porre domande dirette.
“Ultimamente si, ma sono anche consapevole che per fare bimbi servono soldi. Non voglio crescere i figli lottando come mia madre quando papà è andato via di casa, e poi tornare come se nulla fosse successo quando lei è morta. Forse l’approssimarsi dei trent’anni mi ha reso più esigente su cosa voglio e non voglio essere nella vita.”
“Fatico a capirti, mi dici che mi vuoi vedere sistemato e poi tu fai peggio di me!”
“Io a differenza tua sono pronta emotivamente, solo che non riesco a trovare la controparte giusta, pure io vorrei vedermi sistemata con un ragazzo affidabile; e sono stanca della sindrome dei genitori che troppa gente sta sviluppando nei miei confronti, non mi è di aiuto! Dovrei andare via da Milano. Gli amici che ho qui, quelli con cui vado in vacanza, mi dicono che vedono una Connie differente quando abbiamo la possibilità di andare fuori dall’Italia. E’ tempo di cambiare aria.” si libera di un fardello.
“Devi metabolizzare la fine della tua esperienza italiana. Quando riuscirai a mettere un punto definitivo, allora sarai tu a voler realmente andare via e magari iniziare da zero in qualsiasi parte del mondo. Questo non vuol dire che le scelte fatte in passato siano state sbagliate, ma solo che è il tempo di chiuderle, di voltare pagine e scrivere un altro capitolo della tua vita. La devi solamente smettere di vederla come una sconfitta personale. Sei in grado di fare questo?”
“Hai una domanda di riserva?” dice Connie, dando l’idea di aver deciso.
La vita è così.
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