Scritto da Francesca Calzolari
Questo balcone, era piccolo piccolo. Giulio non aveva idea di quanti metri quadrati fosse, ma contava al massimo una decina di mattonelle. Piú che un balcone era un affaccio sull’esterno. La ringhiera era in ferro battuto, tutta arrugginita perché il palazzo era vecchio e non avevano pensato a ridipingere i balconi per evitare la rovina dovuta al tempo. Di per sè non sembrava un balcone invitante, ma era riccamente adorno di cuori rosa. Ce n’erano di tutte le dimensioni, avevano un solo colore, ma grandezze diverse.
Il balcone apparteneva ad una famosa musicista della città, una dj precisamente. Giulio lo capì quando il passerotto si affacciò alla porta finestra e vide la console in azione. «Che strano – pensò Giulio – credevo che i dj di solito dormissero durante il giorno e lavorassero piuttosto la notte». In questo caso invece la dj stava mixando i suoi piatti dentro casa e guardava insistentemente verso il suo cellulare. Era una donna magra e minuta, dai lunghi capelli biondo grigio, vestita con jeans a zampa e una t-shirt fucsia.
Evidentemente amava particolarmente questo colore, perchè anche l’interno della sua casa aveva gli stessi toni. «Sembra un po’ matta» pensò tra se e se Giulio «ma anche simpatica e si vede che la gente le vuole bene». Sporgendosi dal parapetto del balcone infatti, l’uccellino dal becco rosso, mostró a Giulio che sotto casa sua passavano a piedi parecchie persone. Nessuno si fermava, ma tutti passando, ballavano e gesticolavano con le mani al ritmo di musica.
«Strana la gente, e anche un po’ maleducata» pensava Giulio «potrebbero fermarsi qualche minuto e stare ad ascoltarla senza scappare subito via». Invece appena qualcuno fermandosi, vedeva arrivare un’altra persona, se ne andava lasciando lo spazio alla persona sopraggiunta. Povera Dj, nessuno sembrava davvero entusiasta della sua musica, chissà che frustrazione. Il passerotto dal becco rosso non sostó a lungo su questo balcone; era infatti cosí piccolo che in tre salti ne aveva già coperto tutta la lunghezza.
Volò attratto verso un altro balcone nel palazzo di fronte. Era un balcone coloratissimo; aveva due tende rosse ai lati, alcuni cd che pendevano dal soffitto e sulle pareti erano disegnati paesaggi naturali. Era la riproduzione balcone della scena di un teatro. Il proprietario era un burattinaio ventriloquo e in quell’istante stava sistemando le sue marionette, pronto ad iniziare lo spettacolo quotidiano a beneficio dei bimbi del palazzo di fronte. Una forte musica da esplorazione alla Indiana Jones fece partire lo spettacolo di quel giorno che era tutto incentrato sulle avventure in mare di alcuni pirati. Un leggero lenzuolo azzurro, maneggiato dalla moglie, riproduceva il moto ondoso; sulla parete, un cielo celeste, nuvole e gabbiani; una cassetta da giardino ridipinta e dotata di vela con teschio era la perfetta imbarcazione per i pirati. I bambini del palazzo di fronte, seguivano entusiasti le avventure di Capitan Trinchetto che per mezz’ora vagò tra isole infestate di coccodrilli alla caccia di un tesoro perduto. Giulio adorò la rappresentazione; per fortuna che anche il passerotto dal becco rosso pareva apprezzarla, perché non se ne andò via fino alla fine della messa in scena.
Volò in alto questa volta, molto in alto, fino ad un ultimo piano dove una meravigliosa e grande terrazza si affacciava su una vista spettacolare del lago. Dalla terrazza veniva un fumo profumato; un gigantesco barbeque stava arrostendo cosce di pollo, costolette di maiale, pannocchie e peperoni. La famiglia doveva essere numerosa perché la tavola apparecchiata contava almeno otto persone. Ed eccoli i membri della famiglia; una comitiva di studenti universitari ventenni che abitavano quel triplex con vista mozzafiato.
Era un giorno settimanale, precisamente un lunedì (lo sapeva perché il papà sabato e domenica non lavorava e giocava un sacco con Giulio). Strano che non fossero all’università, di solito le lezioni si svolgevano quotidianamente in quel periodo dell’anno. L’atmosfera era molto carica; musica dance a tutto volume, birre dentro una tinozza da bagno piena di ghiaccio, posaceneri strabordanti di mozziconi di sigarette, un ricco barbeque ad arrostire sul fuoco. In quella casa sembrava proprio ci si divertisse un sacco e tutti i giorni. «Strano» pensò Giulio «evidentemente non hanno molto da studiare in questo periodo, non vedo nessun accenno di libri aperti sul tavolo all’esterno o nelle camere”. Il passerotto dal becco rosso puntava con insistenza una pannocchia, che era stata appena tirata via dal fuoco e appoggiata su un vassoio da portata. Ma benché affamato il passerotto dal becco rosso conosceva il rischio di banchettare ora con quella prelibatezza: si sarebbe ustionato il becco a causa del calore e da rossa, la punta sarebbe diventata violacea. Meglio aspettare. Anche Giulio iniziava a sentire i morsi della fame, era quasi l’orario del pranzo, dove ormai la pappa aveva sostituito il biberon. Giulio amava le pappe; le preparava la sua mamma con tante buone verdurine e lui le mangiava sempre con grande piacere.
Ecco, la pannocchia aveva smesso di fumare, ora il passerotto dal becco rosso avrebbe potuto addentarla con più’ facilità. Un salto, un altro, un terzo ehhhh… Giulio si sentì sollevare da qualcuno e ripiombò di botto nel suo appartamento «Amore della mamma, che cosa ci fai sul pavimento imbambolato ad osservare fuori? E’ l’ora della pappa, è già pronta, vieni che ora la tua mamma ti aiuta a mangiare».
Per fortuna la sua mamma sapeva sempre fare tutto al momento giusto, Giulio aveva proprio tanta fame.
Dal suo seggiolone gettò un’occhiata verso il davanzale all’esterno. Il passerotto dal becco rosso lo fissava tenendo tra il becco un chicco di granoturco.
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