Scritto da Donatella Lanza.
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Un viaggio deciso al compimento dei 60 anni, quando il 20 dicembre 2007 la Slovenia entra nell’area Schengen. Durante la notte di festeggiamenti per l’abbattimento della sbarra che “aveva tagliato Trieste fuori dal suo naturale retroterra”, Paolo Rumiz realizza che proprio l’esistenza di quel confine aveva originato la sua irrefrenabile spinta alla ricerca di un “Altrove” oltre la frontiera.
Decide così di intraprendere un viaggio che lo avrebbe portato in oltre 30 giorni dal Mar glaciale Artico al Mediterraneo: “uno slalom gigante fuori e dentro la frontiera orientale dell’Unione Europea”.
Partendo da Kirkenes, città norvegese al confine con la Russia, il viaggio si snoda attraverso Murmansk e lungo il mar Bianco. Nelle isole Soloveckij, Rumiz e la compagna di viaggio Monica incontrano German, carismatico igumeno del monastero ortodosso dell’isola. E di nuovo verso sud fino a Velikaya Guba sul Lago Onega, il secondo in Europa per superficie, con l’obiettivo di incontrare uno scrittore scappato dalla Polonia, la cui casa riescono a raggiungere solo grazie al provvidenziale passaggio in auto da parte di un generoso magistrato russo che li raccoglie mentre camminano lungo i margini di un bosco, al tramonto. E ancora costeggiano in treno il lago Ladoga, per arrivare in autobus in Estonia, dove noleggiano una macchina per scendere in Lituania attraversando la Lettonia sempre lungo il confine con la Russia. E poi Kaliningrad, enclave russa staccata dalla patria, e a seguire la Polonia, la Bielorussia, l’ingresso in Ucraina e l’attraversamento dei Carpazi per raggiungere Odessa, ultima vera tappa di un viaggio nel mondo slavo prima dell’attraversamento del Mar Nero e del Bosforo, e l’arrivo a Istanbul.
Il viaggio lungo “l’Europa verticale” ci racconta di regioni storico-geografiche (ad esempio la Carelia, la Curlandia, la Latgallia o la Podolia…) dimenticate dalla grande semplificazione dell’Europa moderna. Il tragitto è costellato da incontri casuali sorprendenti, da popoli dall’anima contadina e intrisi di religione ortodossa, nonché da fiumi di vodka, che insieme raccontano l’umanità varia, alle volte calda ed ospitale, altre distaccata e silenziosa, che abita lungo quella che Rumiz definisce “la nuova cortina di ferro”, che si snoda solo a qualche centinaia di chilometri più a est della precedente.
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Paolo Rumiz, Trans Europa Express, Feltrinelli, Milano, 2012