Scritto da Donatella Lanza.
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Il titolo è “Una vita come tante” ma nessuna delle vite raccontate in questo romanzo ha alcunché di ordinario, anzi. In più di un momento ho avuto l’impressione, o forse la sottile speranza, che l’autrice avesse deliberatamente forzato la mano.
Jude, Willem, Malcom e JB si incontrano al college e, seppure con le deviazioni tipiche dell’esistenza umana, rimangono l’uno a fianco all’altro per decenni, gravitando intorno ad una New York che rimane discreta sullo sfondo.
Ambientato nel XXI secolo, il romanzo racconta le vite dei quattro protagonisti attraverso una voce narrante che cambia in continuazione punto di vista. Willem segue la strada del cinema, Malcom quella dell’architettura, JB fatica ad affermare la propria arte. E poi c’è Jude, schivo, delicato e fragile a causa di dolori spesso invalidanti alla schiena e alle gambe, di cui a poco a poco scopriamo l’origine. Jude in pari misura determinato nelle aule dei tribunali, dove entra come avvocato di punta di un importante studio legale newyorkese. Jude di cui ci viene svelato il passato in un crescendo straziante di dettagli, che rivelano da un lato l’abisso a tratti insopportabile della brutalità umana e dall’altro la capacità che abbiamo di rivoltare, forse alle volte solo apparentemente, il nostro destino grazie al potere salvifico dell’amicizia e dell’amore. Ma fino a che punto questi due sentimenti possono cambiare la percezione di sé che una persona ha elaborato nel corso dell’infanzia e dell’adolescenza? Me lo sono chiesta lungo tutto il libro, di cui ogni pagina mi ha sorpreso più della precedente. Ma ovviamente arrivata alla fine sono rimasta con l’interrogativo irrisolto. Perché come tutti i grandi romanzi anche “Una vita come tante” pone delle domande, ma poi sta a ciascuno di noi trovare la propria risposta.
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Hanya Yanagihara, Una vita come tante, Sellerio, Palermo, 2016
Edizione originale: A little life, Doubleday, 2015