Scritto da Marialia Calabretta
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Amo ascoltare le storie degli altri, da sempre. Quando ero bambina, non desideravo la favola della buonanotte e non guardavo molti cartoni animati. Uno dei miei passatempi preferiti era stare con gli adulti. In compagnia di parenti e amici dei miei genitori, mia sorella cercava invano di richiamare la mia attenzione che si focalizzava puntualmente sui discorsi dei grandi. Mi incantavo ascoltando le questioni dell’uno e dell’altro: devo ammettere che già a sei anni avevo una certa dimestichezza con faccende famigliari e lavorative di vario genere e mi sentivo pronta ad intervenire, spesso generando imbarazzo. Voci che non sono la mia.
Come le storie ci cambiano la vita è l’ultimo libro di Matteo Caccia, conduttore e autore di programmi radiofonici e podcast e parla di storie. È opinione dei più che la comunicazione attiva sia volatile e rarefatta, ignorando la corporeità e le vibrazioni di una voce che parla e di chi ascolta. Il corretto uso del corpo e dei toni serve a perfezionare l’arte del narrare, per trasmettere agli uditori l’essenza dei racconti. Matteo Caccia apre il suo libro sottolineando che l’atto di ascoltare è materiale e tangibile: Raccogliere le storie è un corpo a corpo. Mettersi in ascolto presuppone uno sforzo che non è solo intellettuale, ma anche fisico. L’attenzione è azione, e richiede allenamento. Credo ci sia un grande fraintendimento quando si parla di capacità di ascoltare, come se si trattasse di un atto passivo che presuppone nient’altro che pazienza e buon cuore.
Ho capito che invece ascoltare è un gesto che ha una sua plasticità e un suo movimento. In alcuni casi presuppone uno spostamento, in altri ha bisogno di un luogo preciso. Seduto al tavolino di un locale di Milano, qualche anno fa l’autore offrì la possibilità di raccontare una storia a chiunque passasse di lì e la descrisse come una delle esperienze più sfiancanti della propria vita. In quello stesso bar, il Pinch sui Navigli a Milano, da otto anni organizza Don’t tell my mom, un evento a cui ho avuto la fortuna di partecipare recentemente: cinque minuti per esporre un aneddoto personale davanti ad un pubblico, che possibilmente non includa la propria madre. Non capita tutti i giorni di avere a che fare, nella stessa sera, con un ragazzo cieco alle prese con la raccolta differenziata condominiale, con una conduttrice radiofonica la cui carriera è cominciata simulando un orgasmo e con un artista il cui cane ha le zecche.
Lui era tra gli ultimi ospiti e lo presentarono come Elianto, appena salì sul palco e prese il microfono lo riconobbi: insegnava musica ad un campo estivo a cui partecipai dieci anni fa, mai avrei immaginato di rivederlo lì. Non gli dissi niente perché pensai che dopo così tanto tempo non mi avrebbe riconosciuta, lo faccio qui per la prima volta. Ecco la mia storia tra le storie.
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Matteo Caccia, Voci che sono la mia, Il Saggiatore, Milano, 2022