La stanza del vescovo

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Ognuno vive e ama dov’è, come può e quando gli capita.

Un piccolo gioiellino da tenere tra gli oggetti cari della lingua italiana. Un romanzo senza troppe pretese, se non di raccontare una storia semplice, con personaggi costruiti sulle sabbie mobili della meschinità umana, specchio sincero della società.

Elegante nella penna e nei toni, anche quando racconta vicende laide, il libro è un manifesto dello stile di Piero Chiara.

Ambientato nell’immediato secondo dopoguerra, la voce narrante è quella del protagonista, di cui non sappiamo il nome, che a bordo della sua imbarcazione, la Tinca, percorre per diletto in lungo e in largo il lago Maggiore. 

Una sera, mentre trova riparo nel porto di Oggebbio, incontra una figura apparentemente anonima, annoiata come l’acqua del lago, che si rivelerà tutt’altro che placido: Temistocle Mario Orimbelli. Avvocato mancato, dedito a godere i piaceri della vita, reduce dalla guerra d’Africa e da un lungo periodo di residenza a Napoli (di cui si narrano molti pettegolezzi); Orimbelli userà il nostro protagonista come un trampolino da cui tuffarsi nelle acque profonde dei piaceri della vita, su tutti i piaceri della carne, messi a sopire per troppo tempo dalla presenza di una moglie mal sopportata. Amorale e privo di dignità, Orimbelli pagherà a caro prezzo l’egoismo della sua anima. 

Insomma una di quelle figure meschine, come un’altra presente in un lavoro precedente di Chiara (Il pretore di Cuvio), non così dissimile dalla realtà, anzi molto comune per chi ha avuto la possibilità di conoscere il mondo. 

Abbiamo descritto il libro un gioiellino, e non pensiamo di esagerare. La pulizia del testo, l’uso di una terminologia purtroppo desueta (ad esempio il tassì chiamato auto pubblica) e con una sintassi lineare da far piacere al lettore, è la vera preziosità. Noi abbiamo avuto la fortuna di leggerlo nella prima edizione, con il giallo delle pagine a dare un’alone di antico ai personaggi disegnati dalla penna di Chiara.

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Piero Chiara, La stanza del vescovo, Mondadori, Milano, 1976

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